Abiti su misura - Abiti da cerimonia

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La professione del sarto su misura

Ad Arezzo opera Carlo Donati, un sarto che sa far tesoro delle tradizioni ma che è anche cosciente del fatto che i tempi (e i gusti dei clienti) cambiano. Ecco la sua filosofia:
Mancavo da Arezzo dal 1975, estate in cui girai Umbria e Toscana, da un ostello all’altro, a bordo della mia instancabile Gilera rossa. In Piazza Risorgimento, ricordo un ristorante che richiamava l’attenzione su una specialità, le pappardelle al sugo di lepre, il cui nome mi suonava esotico e suadente come un tamurè. Noi giovani di quell’epoca non ci potevamo permettere molti negozi e ristoranti e così, probabilmente come ripiego, eravamo appassionati d’arte. Le pappardelle, forse nemmeno troppo care, lo erano comunque per le mie tasche diciottenni e così finii per ripiegare su un’edificante dieta a base di panini e cultura, sicché di Arezzo ricordo più Piero della Francesca che le specialità gastronomiche. Sono tornato a Piazza Risorgimento non per cavarmi quel desiderio, ma per visitare la sartoria di Carlo Donati. Il suo atelier è a livello della strada ed è anche un importante negozio. A fianco sorge quello della moglie per il settore femminile e, venti metri più avanti, il figlio cura la parte sportiva. Il maestro Donati, socio della Camera Europea dell’Alta Sartoria, ha sessantatre anni, una vasta esperienza e idee molto chiare. Gli chiedo se la scelta di una posizione fronte strada abbia dei motivi particolari. il figliolo in vista di qualche cerimonia in cui quello che era un ragazzo avrebbe dovuto cominciare ad apparire uomo. Molte famiglie avevano la tradizione di vestire in sartoria e la tramandavano di generazione in generazione, ma ora le carte si sono mescolate ed il gusto per l’abito è sempre più un fatto individuale. La domanda del su misura non sempre nasce dov’era prevedibile, ma è una piantina che va aiutata a crescere con la disponibilità. A chi non abbia una guida, bisogna offrire le migliori possibilità di un avvicinamento al nostro mondo. Il ghiaccio che ci fa apparire talvolta troppo distanti va rotto e lavoreremo in tal senso anche con la Camera Europea della Sartoria. Abbiamo infatti in progetto un vasto sito che sia come una vetrina comune, un luogo riparato dai rumori, eppure facilmente raggiungibile, che aiuti a sviluppare una prima conoscenza della materia ed una certa confidenza col mondo della sartoria. Una volta conosciutolo, pochi tornano indietro, ma occorre facilitare o stimolare il momento magico del primo approccio, quello in cui il cliente capisce se la sartoria fa per lui e lui fa per la sartoria”.
La conduzione di un negozio, piccolo o grande che sia, rende il sarto protagonista di un gioco con regole diverse. “Caro signor Giancarlo, prima avevo il laboratorio al primo piano, ma già da ventuno anni sono qui dove mi vede. Ritengo che per il sarto sia in genere vantaggioso lasciare il classico appartamento per una vetrina fronte strada. E’ un modo di far conoscere il proprio nome ed il proprio lavoro, di avvicinarsi fisicamente e psicologicamente al cliente. Una vetrina è un invito chiaro, che lascia libero e sereno il potenziale cliente. Anche una persona alle prime esperienze trova normale entrare, guardare, chiedere, proprio come farebbe in un qualsiasi negozio. Annunciarsi, salire le scale, attendere alla porta, genera la sensazione un po’ formale di una visita e fa avvertire un vincolo all’acquisto che può essere vissuto come un peso. Una volta l’iniziazione alla sartoria avveniva insieme al padre, che accompagnava il figliolo in vista di qualche cerimonia in cui quello che era un ragazzo avrebbe dovuto cominciare ad apparire uomo. Molte famiglie avevano la tradizione di vestire in sartoria e la tramandavano di generazione in generazione, ma ora le carte si sono mescolate ed il gusto per l’abito è sempre più un fatto individuale. La domanda del su misura non sempre nasce dov’era prevedibile, ma è una piantina che va aiutata a crescere con la disponibilità. A chi non abbia una guida, bisogna offrire le migliori possibilità di un avvicinamento al nostro mondo. Il ghiaccio che ci fa apparire talvolta troppo distanti va rotto e lavoreremo in tal senso anche con la Camera Europea della Sartoria. Abbiamo infatti in progetto un vasto sito che sia come una vetrina comune, un luogo riparato dai rumori, eppure facilmente raggiungibile, che aiuti a sviluppare una prima conoscenza della materia ed una certa confidenza col mondo della sartoria.
Una volta conosciutolo, pochi tornano indietro, ma occorre facilitare o stimolare il momento magico del primo approccio, quello in cui il cliente capisce se la sartoria fa per lui e lui fa per la sartoria”.
La conduzione di un negozio, piccolo o grande che sia, rende il sarto protagonista di un gioco con regole diverse.
L’artigianato è investimento di tempo, il commercio è investimento di denaro. Chiedo quindi al Maestro quali siano i rapporti tra artigianato ed impresa. “Ho ricoperto cariche istituzionali, come la presidenza provinciale della Confartigianato, ho seguito corsi di vetrinista, di marketing, di tecnomodellista industriale. Sono sempre restato e sempre sarò innanzitutto un sarto, ma attraverso queste esperienze sono giunto alla convinzione che imprenditore ed artigiano possano e debbano convivere nella stessa persona. La formula più giusta è quella di una manualità rigorosa, di una custodia dei procedimenti tradizionali della nostra arte, il tutto indirizzato da una mentalità d’azienda. Bisogna sapersi organizzare, perché il tempo è divenuto così prezioso che la sua gestione non può essere improvvisata.
Il sarto deve però avere costantemente un occhio aperto anche verso l’esterno della sua bottega. L’impresa ha un obiettivo preciso, ma indeterminato, che chiama mercato. Noi serviamo ogni singolo come tale e chiamiamo il nostro clientela, ma certe regole del meccanismo restano le stesse. Occorre comunicare per farsi conoscere, ma innanzitutto conoscere il mondo in cui il cliente si muove. Solo così è possibile comprendere cosa desidera e assecondarlo, anticiparlo, fare in modo che trovi quello che cerca. Un artigiano dotato del più grande talento, ma che si emargini restando troppo arroccato dietro il suo banco, resta una freccia priva dell’arco che la scagli lontano. La mobilità delle persone e delle informazioni ci permette di raggiungere e servire persone lontane dal laboratorio, ma questa risorsa va gestita con professionalità. Inoltre, una volta si lavorava con spese molto basse, mentre oggi una bottega che non investa su se stessa, proprio come fa un imprenditore, non solo non può crescere, ma rischia l’estinzione. Un’attività commerciale si abbina in modo sempre più naturale a quella artigianale. Il cliente avvertirà che la stessa cura posta nella lavorazione regge la selezione dei prodotti pronti. Bisogna mantenere una chiara distinzione tra l’abito industriale e quello artigianale, ma anche chi preferisce il primo troverà la sicurezza di una competenza assoluta nella tecnica e nello stile, che attraverso il piccolo aggiusto conferiranno un tocco personale. La sartoria resta però l’asse portante della struttura, la radice profonda che le da vitalità e stabilità. Credo in un sarto imprenditore, non in un imprenditore sarto che finisca per essere imprenditore e basta”. Poiché ha accennato allo stile, chiedo al maestro Donati di chiarire quale sia la sua posizione in merito. “L’impostazione del mio lavoro è assolutamente artigianale, ma prediligo una costruzione leggera, disinvolta. L’abito non è un gadget qualsiasi, ma una forma di linguaggio ed un veicolo di formidabili soddisfazioni. Mi piace che esso non si limiti a suggerire uno stato sociale, ma trasmetta a chi lo guardi il piacere di un fenomeno estetico e a chi lo indossi il gusto inesauribile di vestire, il privilegio di essere se stesso. Lo stile non si adegua però solo alle persone, ma anche ai tempi. Non sono il tipo di sarto che resta ancorato ad una linea e la impone per tutta la vita, facendo sempre la stessa giacca e gli stessi pantaloni. Ritengo che la sartoria debba mantenere un rigore nella tecnica, ma riconoscere gli influssi fondamentali di ogni periodo e rendersene interprete. E’ pericoloso agire come se i gusti non cambiassero mai, perché così non è. Sono convinto che il futuro della sartoria risieda nella flessibilità estetica di un’offerta resa inimitabile dalla precisione artigiana. Un abito su misura si distingue comunque, non ha bisogno di ripetere un cliché. La vera sartoria resta istintivamente nei limiti, sa esprimere l’attualità citandola in modo sofisticato, senza cadere in certi eccessi caricaturali o nelle fogge destinate a durare una sola stagione. Ma può anche precorrere i tempi, essere essa stessa laboratorio del nuovo, come nei primi anni sessanta, quando era la sartoria ad amministrare e dosare le novità dalle passerelle di Sanremo”. Al maestro chiedo infine un parere sul rapporto tra lavorazione e materiali. “Non si parla mai abbastanza dei tessuti. Un cliente che sa cosa vuole, che ha già un marchio di fiducia, è già un cliente potenzialmente soddisfatto. In un abito, il tessuto occupa una parte importante sia nel costo che nel risultato. Le grandi case offrono campionari di altissimo contenuto qualitativo e guardano con attenzione alla sartoria, considerata un banco di prova, una cassa di risonanza, un fiore all’occhiello. Ognuna ha le sue specialità ed il sarto deve sapersi muovere tra tutte le novità, per poter rispondere al cliente informato o indirizzare quello indeciso. Sto ottenendo risultati eccellenti con i pettinati di peso medio e leggero della Carnet, difficilmente superabili. La Carnet è una casa ai vertici da tanti anni, ma attualmente mi sembra in una forma particolarmente smagliante. Molto bene i gessati di Zegna, con lane superlative. Preziosi gli effetti e la vestibilità dei super 180’S di Fintes, nobilissime le fantasie di Holland & Sherry, campione nel miscelare il vecchio e il nuovo. In tempi in cui si è un po’ ecceduto con lo scuro in tutte le ore, ho suggerito sempre con successo certi cotoni di Loro Piana, proposti in una cartella colori entusiasmante. Parlo molto col cliente, per cercare di capire quello che vuole e accorgermi se è diverso da quello che chiede.Nel vestire è molto importante l’aspetto ludico, che comincia nella distensione di una chiacchierata e continua per anni, nella soddisfazione di indossare qualcosa che ci fa sentire bene”.

“E' PERICOLOSO AGIRE COME SE I GUSTI NON CAMBIASSERO, PERCHE' COSÌ NON È”

interno negozio Carlo Donati - Sartoria
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